Dai fratelli Schlegel ai successori di Greenberg: un po' di storia della tipologia linguistica

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lukiskywalker88
view post Posted on 3/8/2010, 15:14




DAI FRATELLI SCHLEGEL AI SUCCESSORI DI GREENBERG:
BREVE STORIA DELLA TIPOLOGIA LINGUISTICA

di Marco Luchi



Varie sono state le strade tentate per classificare le lingue. La prima forma di tipologia linguistica (d'ora in poi abbreviata in Tl) nasce all'inizio dell'Ottocento per opera dei fratelli F. e A. W. Schlegel e, soprattutto, di Wilhelm von Humboldt: a loro si deve la suddivisione delle lingue su base morfologica in isolanti, agglutinanti, flessive e polisintetiche. Contemporaneo allo sviluppo della Tl è quello della classificazione genealogica delle lingue: alla fine del Settecento, gli ungheresi J. Sajnovics e S. Gyarmathi scoprirono una parentela genealogica tra l'ungherese e il finnico, dando il via alla grande stagione dell'indoeuropeistica su base comparatistica. Gli studi della Tl continuano a essere coltivati per tutto l'Ottocento, ma con scarsa risonanza, tanto che oggi sono stati per la maggior parte dimenticati. Nella prima metà Novecento, le osservazioni più acute di tipologia linguistica sono probabilmente quelle dovute a Sapir. [1] Col tempo si prende coscienza di come anche la Tl su basi morfologiche presenti dei limiti:

CITAZIONE
Il latino è una lingua non flessiva, ma prevalentemente flessiva, che conosce fenomeni di agglutinazione (nelle forme dei composti agri-cola, quattuor-decim) e di isolazione (impiego di preposizioni per esprimere rspporti locali: ex Urbe profisci vs Urbem petere).
P. RAMAT, Linguistica tipologica, Il Mulino, Bologna 1984, p. 30

Anche il concetto di tipo linguistico muta in base alla corrente di pensiero in auge, tanto che nella storia della linguistica – come sottolinea Ramat – possiamo riscontrarne grosso modo quattro differenti concezioni a seconda che il tipo sia visto:
1.come un classificatore che raggruppa le lingue in base alla presenza/assenza di un solo e unico tratto (fratelli Schlegel);
2.come un criterio di classificazione basato sulla compresenza di più tratti combinati assieme (Sapir);
3.come scala compresa tra due estremi, lungo la quale si collocano le lingue in base al loro grado di sviluppo (Humboldt);
4.come un modello ideale che può raggiungere il massimo grado di efficacia solo qualora si adoperino concetti di misura (Skalička).
Una svolta in àmbito tipologico si verifica nel 1963, con la pubblicazione dell'articolo intitolato Some Universal of Grammar with Particular Reference to the Ordre of meaningsful Elements a opera dell'americano Joseph Greenberg. Nell'opera viene introdotto in linguistica il concetto di Universale. Ed è proprio grazie a tale concetto che può essere superata l'arbitrarietà della tipologia su base morfologica, il cui limite è l'essere fondata sulla presenza/assenza di un solo tratto. Sebbene, teoricamente, la ricerca dei tipi e quella degli universali siano due attività scientifiche differenti (paradossalmente la prima si è volta allo studio delle differenze interlinguistiche, la seconda dei tratti condivisi da tutte le lingue); nella pratica le due discipline vanno a braccetto. [2] Ora, giacché v'è una tendenza ad usare il termine “Universali” latu senso e impropriamente [3], sarà bene chiarire la giusta accezione: gli universali sono proprie e costitutive della lingua [4], non «finzioni scientifiche» ma «proprietà reali, immanenti alla lingua». [5] Ecco un paio di universali esemplari: «tutte le lingue possiedono le vocali» e «nessuna lingua ha il numero triale se non ha un duale. Nessuna lingua ha il plurale se non ha il singolare» (Universale 34). [6] Il primo è universale assoluto, inutile per un'efficace classificazione delle lingue (in quanto consente al soltanto di distinguere tra lingue storico-naturali e non); invece il secondo è un universale implicazionali che ci consente di suddividere l'eterogeneo gruppo delle lingue storico-naturali in classi. Infatti è proprio grazie a questa tipologia di Universali che s'instaura una gerarchia di quei tratti che manifestano a livello epidermico il principio di organizzazione interno alle lingue. [7] Sicché la Tl non può più essere considerata una teoria generale autonoma, poiché “dipende” da un'altra teoria, appunto, da quella degli universali.
La pubblicazione di Greenberg in questione risale a quasi cinquant'anni fa e si basano su un campione di trenta lingue: basco, serbo, gallese, norvegese, greco moderno, italiano, fillandese (europee); yoruba, nubico, swahili, fulani, masai, songhai, berbero (africane); turco, ebraico, burushaski, hindi, kannada, giapponese, tailandese, birmano, malese (asiatiche); maori, loritja (amerindiane).8 Benché il campione sia esente da distorsioni notevoli, trenta lingue non basta a rappresentare in modo quantitativamente significativo le 6.000 che sono parlate nel mondo.[9] Dobbiamo dunque evitare d'inciampare nell'errore del tacchino induttivista: teoricamente basta un solo cigno nero per confutare la tesi per cui tutti i cigni sono bianchi. Per tanto, sebbene le idee greenbergiane “forti” siano sopravvissuti, come quella dell'ordine dei costituenti; altre generalizzazioni ipotizzate si sono scontrate con numerose eccezione e copiosi controesempi. Ecco perché oggigiorno è meglio distinguere prudentemente tra “Universali” e “tendenze universali”. Certo, è doveroso spezzare una lancia a favore di Greenberg, ricordando come le sue ricerche non poterono avvalersi del prezioso ausilio delle tecnologie informatiche. [10]

Riferimenti

1. G. GRAFFI-S. SCALISE, Le lingue e il linguaggio, il Mulino, Bologna 2003, pp. 72-73;
2. P. RAMAT, , Linguistica tipologica, il Mulino, Bologna 1984, p. 48;
3. Per maggiori dettagli cfr. ivi;
4. Ibidem, p. 47;
5. Ibidem, p. 49;
6. J. H. GREENBERG, Alcuni universali della grammatica in P. RAMAT (a cura di), La tipologia linguistica, il Mulino, Bologna 1976, p. 138;
7. P. RAMAT, op. cit., pp. 24-27;
8. J. H. GREENBERG, op. cit. in P. RAMAT, La tipologia linguistica, cit., p. 117;
9. N. GRANDI, Fondamenti di tipologia linguistica, Carocci, Roma 2008, p. 7;
10. Ibidem, pp. 72-75.

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Edited by lukiskywalker88 - 3/8/2010, 16:47
 
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samozar88
view post Posted on 3/8/2010, 15:35




ottimo! quando lo studiai in germania non potei non dire "mi ricordo montagne verdi..."per indicare Greenberg...ma nessuno mi capì :look:
 
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lukiskywalker88
view post Posted on 3/8/2010, 15:49




MaRonna! Più leggo di Giusè H. Monteverde per la tesi e più - al di là di certi sui limiti - lo stimo! :P
 
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2 replies since 3/8/2010, 15:14   1706 views
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