Mutamento fonetico e dinamiche di identità di genere nella varietà di Orune (Sardegna centrale), conferenza tenuta dal prof. Simone Pisano all'univeristà di Siena sede di Arezzo il 26 marzo 2010

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lukiskywalker88
view post Posted on 27/3/2010, 19:00




MUTAMENTO FONETICO E DINAMICHE DI IDENTITÀ DI GENERE NELLA VARIETÀ DI ORUNE (SARDEGNA CENTRALE)
di Marco Luchi



La conferenza dal titolo Mutamento fonetico e dinamiche di identità di genere nella varietà di Orune (Sardegna centrale), tenuta dal prof. Simone Pisano il 23 marzo 2010 alle 15:00 presso l'Università di Siena sede di Arezzo, è ruotata attorno alla scoperta fatta dal ricercatore di una differenziazione fonetica su base sessuale degli esiti dell'approssimante palatale j nella varietà di Orune (Nuoro).
Prima di affrontare questo tema però il prof. ha delineato alcuni tratti salienti – e spesso poco noti – del sardo e della fisionomia linguistica della Sardegna. Il sardo è stato presentato come la lingua più conservativa delle lingue romanze (sebbene si sia anche evidenziato le forti innovazioni rispetto al latino), caratterizzato da superstrati spagnolo castigliano e catalano. Si sono poi indicate le sue varietà: il nuorese (centro), il logudorese (centro Nord) e il campidanese (centro Sud). Come sappiamo c'è una linea immaginara che passa, da La Spezia e arriva a Rimini, che separa le lingue romanze orientali da quelle occidentale: il Sardo ha una preponderanza di caratteri occidentali (come il fr. antico, spagnolo, portoghese ecc.), ma non mancano caratteri orientali, soprattutto al centro. Si è poi evidenziato altre due eccentricità della lingua nei confronti degli altri idiomi neolatini: il fatto che l'articolo determinativo deriva da IPSU(M) e non da ILLU(M): cf. su, sa, soa, is; e la conservazione delle consonanti finali che si conserva anche nelle desinenze verbali: cf. log. tue andas, issu andat.
A questo punto sono state introdotte le altre varietà linguistiche alloglotte, vale a dire non sarde: gallurese e sassarese (varietà di corso meridionale parlate a Nord, vicine al tipo toscano), tabarchino (varietà ligure parlate parlata nei comuni di Carloforte e Calasetta) e il catalano di Algero (oggi tutelato da una legge nazionale).
Orbene, torniamo adesso al nocciolo della questione: il comune di Orune, provincia di Nuoro, si trova in un'area in cui si parla logudorese, un'area linguistica conservativa dal punto di vista fonetico, come evidenziato da Maurizio Virdis. Caratteristico del nuorese centro-occidentale è la sonorizzazione delle occlusive sorde intervocaliche. Non mancano peculiarità tipiche della parlata di Orune: se nel nuorese abbiamo la sibilante sorda iniziale /s/ e sonora /z/ intervocalica, a Orune si ha sempre la sorda. Nei parlanti orunesi della nuova generazione inoltre la sibilante viene sostituita da un'aspirata (si tratta tra l'altro di un fenomeno ancora poco studiato). Infine la vibrante alveolare /r/ diviene una vibrante uvulare /R/, ovvero la cosiddetta “erre moscia”. Sul piano morfologico è presente il morfema -po usato come desinenza verbale che marca la prima pers. sing.: esso deriva, per analogia, da àppo «io ho» e lo possiamo ritrovare, ad esempio, in siepo «che io sia».
Giungiamo ora al nocciolo della questione, a partire da quella che è stata la metaforica mela di Newton che ha ispirato il prof. Simone Pisano. Parlando con una famiglia originaria di Orune ma residente nell'Italia continentale, si è accorto di una di una differente pronunciazione dell'approssimante palatale j su base sessuale: mentre nei parlanti maschi la pronuncia è regolare, le parlanti compiono un'innovazione pronunziandola /ʒ/, come la g toscana. La cosa interessante è che non ci sono altri discriminanti, né culturale (p.e. il livello d'istruzione), né sociali (p.e. la classe di appartenenza del parlante), ma solo ed esclusivamente di genere. Così il ricercatore ha fatto in loco delle interviste a 33 informatori, come si dice nel linguaggio tecnico della ricerca sul campo. Ha così scoperto come, a seconda del contesto fonosintattico, ci siano delle differenziazioni. Questa innovazione compiuta dalle parlanti sembra infatti realizzarsi nei seguenti casi:
1.nell'approssimante j iniziale,
2.nell'approssimante j postonica in parole bisillabiche in posizione intervocalica,
3.nell'approssimante j in fonosintassi,
4.nell'approssimante j dopo la sibilante -s etimologica (ossia dopo le -r prodotte per rotacismo della -s: -s > -r),
5.nell'approssimante j nel nesso -rj-,
6.nell'approssimante j nel monosillabo ja < IAM,
7.nell'approssimante j delle parole ['jɛo] «io» e ['pejus] < PEIUS.
Vi sono poi casi in cui pronunzia maschile e pronunzia femminile si equivalgono:
1.quando l'approssimante j è dopo la nasale alveolare /n/, caso in cui j diventa un'affricata dentale sonora /dz/: VINĔA > *VINJA > bindza;
2.quando l'approssimante j è preceduta dai monosillabi a, né ed e: in questo caso si verifica, sia tra le parlanti che tra i parlanti, un raddoppiamento fonosintattico dell'affricata dentale sonora /dz/ derivante a sua volta da j.
È ora il momento delle conclusioni. Si è visto della differenziazione di pronuncia da esiti differenti a seconda del contesto fonosintattico e come la pronuncia femminile sia innovativa rispetto a quella maschile. Simone Pisano ritiene che la spiegazione del fenomeno vada ricercata in quel fenomeno di migrazione stagionale, noto come transumanza, che si compieva in Sardegna così come in molte altre regioni d'Italia. Gli uomini, essendosi dovuti spostare coi propri animali anche molto lontano da casa, trovandosi – per così dire... – in terra straniera, avrebbero manifestato una forte, come si dice in sociolinguistica, fedeltà alla loro lingua che li avrebbe resi meno recettivi al mutamento fonetico. Certo, non bisogna generalizzare troppo e come sempre non mancano le eccezioni: qualche donna infatti usa la pronunzia maschile, è però interessante che non avvenga il contrario.
Purtroppo la mia conoscenza del sardo e della sue varianti è minima – o, per meglio dire, rasenta lo zero! –, per tanto vi invito a ritenere eventuali errori presenti nel testo come miei errori, compiuti nella trascrizione e rielaborazione degli appunti presi durante il convegno. Aggiungo infine che, qualora troviate alcune errori mancanze o imprecisione, o riteniate di dover aggiungere qualcosa di risponderci.
M.L.

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Edited by lukiskywalker88 - 27/3/2010, 19:29
 
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s.pisano
view post Posted on 6/2/2011, 17:45




Gent.mo Marco:
mi scuso se intervengo, e in gravissimo ritardo, sul forum di cui ignoravo l'esistenza.
A costo di essere pedante, ma esclusivamente per fornire a Lei e a chi legge alcune corrette informazioni mi permetto di fare alcune precisazioni:

1) Il Nuorese è una zona conservativa, per lo meno per quanto riguarda la fonetica (diverso sarebbe il discorso se parlassimo della morfologia e della sintassi che sono, in tutte le varietà del sardo, assolutamente meno conservative di quanto si dica).
2) La principale caratteristica di "conservatorismo" rispetto alle altre varietà del sardo è la mancanza del fenomeno della sonorizzazione delle occlusive sorde intervocaliche. Tale fenomeno è completamente assenze nelle varietà nuoresi settentrionali (sempre secondo la classificazione di Maurizio Virdis) mentre nel resto delle parlate nuoresi si hanno fenomeni di indebolimento consonantico che investono soprattutto la dentale in posizione interna di parola (mai in sandhi).
3) Per quanto riguarda Orune e altre varietà nuoresi la /j/ originaria passa a [dz] quando è preceduta da /-n/ anche in fonosintassi. L'esito -NJ- > -ndz- (in posizione interna di parola) è normale in buona parte delle parlate centro-settentrionali della Sardegna.

Rimango a sua disposizione per ulteriori altri chiarimenti.
Un caro saluto
Simone Pisano
 
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